Mentre ascoltiamo l’eco dei nostri passi risuonare nelle calli strette o lo sciabordio dell’acqua contro le fondamenta, mentre solleviamo la testa a guardare gli immancabili panni stesi a seccare o skyline dominati da campanili sorprendentemente storti, nelle narici il sentore di salmastro interrotto dal profumo del bucato o dagli odori invitanti delle cucine, potrebbe anche capitare di chiederci qual è il segreto di questa antica città galleggiante. Venezia sonnecchia, noncurante, a tratti infastidita dalle orde di turisti chiassosi, forte del suo fascino monumentale ma leggero, fatto di secoli di storia cristallizzati.
Questo museo a cielo aperto sospeso nel mezzo della laguna è talmente unico da sembrare partorito dalla mente di un immaginifico letterato. È talmente universale da essere allo stesso tempo un’icona letteraria, cinematografica, teatrale e letteraria. Da Goldoni a Shakespeare, da Visconti a Soldini, da Mann a Wu Ming, dal Canaletto a Hugo Pratt (per citare solo i maggiori) è talmente versatile da poter essere un’icona romantica, surreale, science fiction (un’isola galleggiante che ricorda le città volanti di Swift e della fantascienza) e perfino steam punk, perché no? Può richiamare allo stesso tempo l’evasione e la lascivia del carnevale, gli orrori delle pestilenze e ancora la storia, quella dei commerci in particolare, con i mori e la via della seta e l’Oriente, così vicino.

Il detto “Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova” a Venezia non può che suonare come un incoraggiamento. Perdetevi. Andate a zonzo per le calli, girovagate con o senza meta facendo inversione a u davanti ai vicoli ciechi, fermatevi a curiosare in una delle tante chiese, bevete un’ombretta e assaggiate un cicchetto in un bacaro, ammirate l’edicola incastonata nella facciata di un palazzo, il pozzo scolpito in un campo mai visto, spiate dalle grate il giardino nascosto di una villa, non esitate a percorrere delle fondamenta mai percorse, ad attraversare ponticelli e a infilarvi in minuscoli vicoli umidi. E guardate sempre in alto. Potete avvistare una patera, un affresco, delle bifore finemente cesellate, un’altana panoramica, mutande stese, bandiere della Serenissima. In ogni modo, sarete sempre ricompensati.

E poi Venezia è cangiante, come le squame di un pesce.
C’è la Venezia congestionata dei turisti e quella dei veneziani, con i vecchi negozietti polverosi, gli squeri, le feste popolari, il chiassoso mercato del pesce e la barca carica di verdura e frutta fresca ormeggiata a bordo canale, i ragazzini che giocano a calcio nei campi, i padroni dei cani che lanciano le deiezioni nel canale, i vecchietti scorbutici che si rifiutano di dare indicazioni a spaesati gitanti perduti.
C’è la Venezia degli studenti, con le stanze in affitto in vecchi palazzi male in arnese, dai pavimenti inclinati e dai bagni mefitici, con i localini dagli spritz a poco prezzo, con gli schiamazzi goliardici e i papiri di laurea.

C’è la Venezia delle chiese e dell’arte sacra, delle fondazioni e delle mostre contemporanee con capofila la biennale, e poi palazzo Grassi, Punta della Dogana, Gugghenheim e last but not least la mostra del cinema, con tutto il tran-tran annesso e connesso.
C’è la Venezia a piedi e la Venezia in barca, sulle gondole e ancor più sulle piccole imbarcazioni dei veneziani, tra un concerto sull’isola di San Servolo e un bagnetto al Lido.
E poi c’è la Venezia sommersa sotto l’acqua alta, evento eccezionale anche se non così raro. Quando la luna fa le bizze le maree giocano allagando calli e campielli, case e negozi, chiese e fondamenta, scombussolando logistica e approvvigionamenti, costringendo le masse di turisti a indossare alti stivaloni di gomma e a deviare su passerelle sospese o alla peggio a arrancare con l’acqua alle ginocchia.
C’è Venezia nell’afa dell’estate, negli incredibili colori del foliage che sbucano da cortili, giardini e parchi e infine, la mia preferita, Venezia nelle sere d’inverno, sospesa nella nebbia, in una dimensione onirica che le sembra cucita addosso. A volte la visibilità è talmente scarsa che il vaporetto cessa le corse, quale migliore occasione per perdervi nei meandri dei suoi sestieri? Non temete, la cosa peggiore che può succedervi è di finire dentro un canale..

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