Mi spingo fino nel ventre di via Padova, in direzione opposta rispetto al solito, là dove la gentrificazione profetizzata per NoLo sembra la futuribile trovata di furbi agenti immobiliari o il sexy escamotage di stilosi designer dalla barba lunga. Macellerie halal dalle insegne colorate e micronegozi di telefonia, parrucchieri arabi che fanno concorrenza a quelli cinesi, nail center, pollerie sudamericane, kebabbari e ristoranti cinesi oltre agli immancabili minimarket aperti sempre, con millantati prodotti da tutto il mondo, si incastonano nel tessuto urbano di una vecchia periferia che lascia stancamente il passo alle attività commerciali della nuova immigrazione. La torrefazione e la bottega storica, il fruttivendolo e la cartoleria, il gommista e il prestinaio convivono oggi con insegne cinesi, ispaniche, arabe. Cammino ancora, assalita da voci e odori che mi portano lontano, in un altrove schizofrenico. Il mio punto di riferimento per i dolci arabi, La rose de Tunis, al civico 35 di Via Padova, ha chiuso qualche tempo fa. Cammino fino al 179, molto a nord di Loreto, dove la babele è più fitta, e finalmente la trovo. È un negozio d’angolo, dall’arredo elegante e curato e un’insegna dalla grafica studiata, nuova di zecca. All’interno, gli stranieri seduti ai tavolini chiacchierano e consumano caffè. Impilati ordinatamente nella vetrinetta, con quell’amorevole cura che sa di Oriente, irresistibili, i dolci della tradizione siriana: baklawa, kunafa, mamu, piccole delizie di pasta freschissima con un cuore di frutta secca. Tripudio di miele e pistacchi, sesamo e pasta fillo, frolla e datteri, in cerchi concentrici. Mi riportano all’infanzia, quando papà tornava dai suoi viaggi di lavoro in medio oriente carico di regali e di dolcetti. Verrebbe da appoggiare i palmi aperti delle mani sulla vetrinetta e lasciarsi scappare un “Oooh!” di meravigliato stupore.
Assolutamente da provare, soprattutto se non conoscete i dolci arabi.
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chiara
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